Nuova protesta del movimento femminista Bruciamo Tutto, al Dipartimento per gli affari regionali: «Mancano i Cav»
- Edoardo Iacolucci
- 19 giu
- Tempo di lettura: 2 min
Due attiviste del movimento transfemminista Bruciamo Tutto hanno messo in atto un’azione di resistenza civile nonviolenta davanti alla sede del Dipartimento per gli Affari Regionali, a Roma

Erano passate da poco le 5 di mattina quando una delle due ha affisso con una spillatrice per tessuti uno striscione raffigurante la distribuzione dei centri antiviolenza in Italia, calcolata sulla base della presenza di uno ogni 50mila donne, come previsto dalla Convenzione di Istanbul.
Alle prime luci dell’alba, due attiviste del movimento transfemminista Bruciamo Tutto hanno quindi messo in atto un’azione di «resistenza civile nonviolenta» davanti alla sede del Dipartimento per gli Affari Regionali.
L’intervento del personale dell’edificio è stato immediato: due addetti alla sicurezza sono intervenuti con forza, placcando e trattenendo le attiviste. Dopo oltre un’ora di fermo all’esterno della struttura, le manifestanti sono state accompagnate al commissariato Trevi-Campo Marzio alle 6 e mezza, dove sono state denunciate. Sono state rilasciate poco prima di mezzogiorno.
Il gesto di oggi segue un primo tentativo del 13 giugno scorso, quando le attiviste avevano provato ad affiggere la stessa mappa senza riuscirvi, poiché il materiale era stato loro sottratto prima dell'affissione. Il movimento transfemminista negli ultimi mesi ha intensificato le azioni pubbliche su temi legati alla giustizia di genere, ai diritti sociali e al contrasto alla violenza strutturale.
Bruciamo Tutto: «Denunciamo una distribuzione iniqua dei Centri anti violenza»
Le attiviste spiegano così il senso dell’azione: «Abbiamo voluto ripetere questa iniziativa per rivendicare il nostro diritto a diffondere informazioni fondamentali in modo nonviolento e pacifico. L’accesso al Reddito di Libertà dipende dalla possibilità di ottenere un certificato da un Centro anti violenza del proprio comune di residenza. Ma molti Centri anti violenza mancano o sono troppo pochi. Non esiste un accesso equo su tutto il territorio nazionale».
Secondo i dati forniti dal movimento, in Italia – fino al 2023 – risultava un centro ogni 76.923 donne, ben lontano dallo standard della Convenzione di Istanbul, che ne prevede uno ogni 50.000. “Solo 25 province italiane rispettano questo parametro. In 64 province – quasi il 60% del totale – mancano almeno un centro antiviolenza”, denunciano.
«Le istituzioni devono garantire protezione»
Per il movimento Bruciamo Tutto, la carenza strutturale dei Centri anti violenza mette a rischio il funzionamento stesso del Reddito di Libertà, misura pensata per sostenere economicamente le donne che escono da situazioni di violenza.
«Senza un’adeguata rete di centri - spiegano le attiviste-, questa misura è inapplicabile per molte persone. È inaccettabile che venga ostacolato chi cerca di portare consapevolezza su questo tema. L’Italia ha firmato un trattato internazionale che non sta rispettando».











